Mehrnoosh Z. e Fusi S. (2015), Quali abilità distinguono i buoni solutori in matematica? Un'indagine nella scuola primaria, «Difficoltà di Apprendimento e Didattica Inclusiva», vol. 3, n. 2, pp.159-165
Il senso della matematica è nelle nostre azioni
da quando siamo nati.
Quello che impariamo a scuola è soltanto
il «linguaggio della matematica».
Camillo Bortolato
Sebbene la discalculia sia un disturbo evolutivo specifico a carico del sistema nervoso centrale, e come tale di scarsa incidenza sulla popolazione scolastica, a oggi in Italia il 20-25% degli alunni nella scuola primaria e oltre il 50% in molte scuole tecniche e professionali vengono segnalati per difficoltà in matematica (Chiappini, 2015). Secondo i dati dell’International Academy for Research in Learning Disabilities (IARLD), solo il 2,5% della popolazione scolastica dovrebbe presentare difficoltà nella cognizione numerica in comorbilità con altri disturbi e solo per percentuali esigue (0,5-1% circa) si potrebbe parlare di discalculia evolutiva (Lucangeli e Cornoldi, 2007). Le stime della IARLD appaiono compatibili con quanto le ricerche scientifiche sulla cognizione numerica hanno documentato negli ultimi anni: la capacità di stimare le quantità è un meccanismo universale, condiviso con il mondo animale e rappresenta la base neuropsicologica per lo sviluppo dell’abilità umana di quantificare la realtà (Starkey e Cooper, 1980; Butterworth, 2007; Dehaene, 2000). Nasciamo pertanto predisposti all’intelligenza numerica tanto quanto all’intelligenza verbale.
L’eccessivo numero di segnalazioni fa dunque ipotizzare che molti dei casi individuati siano dei «falsi positivi», cioè bambini e ragazzi che paiono ricadere nella fascia di prestazione compatibile con un disturbo specifico e invece necessitano unicamente di strategie didattiche funzionali al dominio cognitivo del numero.